Essere agricoltori è una grossa responsabilità: alcuni ci definiscono come difensori della biodiversità, la diversità biologica che rafforza la produttività di un qualsiasi ecosistema (di un suolo agricolo, di una foresta, di un lago, e via dicendo).

E’ stato dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, come inondazioni o tempeste tropicali, diminuisce il livello della salute all’interno della società, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali.

Ciascuna specie, poco importa se piccola o grande, riveste e svolge un ruolo specifico nell’ecosistema in cui vive e proprio in virtù del suo ruolo aiuta l’ecosistema a mantenere i suoi equilibri vitali; la biodiversità fornisce nutrimento (vegetali e animali), fibre per tessuti (cotone, lana, ecc.), materie prime per la produzione di energia (legno e minerali fossili) ed è la base per i medicinali.

La perdita e l’impoverimento della biodiversità ha impatti pesanti sull’economia e sulle società, riducendo la disponibilità di risorse alimentari, energetiche e medicinali; attualmente il mercato mondiale dei farmaci vale 650 miliardi di dollari e quasi la metà si basa su farmaci tratti, direttamente o indirettamente, dai regni vegetale e animale.

Noi coltiviamo grani antichi che esistono da migliaia di anni e non sono stati mai geneticamente modificati.